Ridi pagliaccio: gli artisti nel tempo del Coronavirus

Come da un pò di tempo a questa parte, ho assistito alla conferenza stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il corpus delle comunicazioni ha riguardato le cifre degli ammortizzatori economici messi in campo per fronteggiare le perdite ingenti causate dal famigerato lockdown. Questa volta, dopo tante proteste riguardo alla loro "invisibilità" al mondo politico, sono stati citati anche gli artisti. Il Presidente del Consiglio ha dichiarato la cifra destinata al sostegno agli artisti, che tanto ci fanno "divertire". 

Premesso che nei confronti del Presidente del Consiglio sento di nutrire una certa stima, anche perchè non oso immaginare gli accadimenti, se il suo seggio fosse stato occupato da altri personaggi, riconosco che la sua "uscita" ha attratto la mia attenzione. Molto più della girandola di miliardi annunciati che marceranno sul suolo patrio in un epico quadro degno da "Arrivano i nostri" che non più di tre mesi fa poteva essere solo uno scenario da romanzo fantasy.

Per questo mi sento di non "incolpare" il Presidente del Consiglio per quel "ci fanno divertire" anche perchè, e mi spiace per chi se ne fosse accorto solo ora, questo è il pensiero della classe politica riguardo all'arte e ai mestieri, e sottolineo mestieri, dello spettacolo.

Fool, autore olandese, 1500 ca
Forse l'espressione giusta poteva essere: "gli artisti, coloro che con il loro lavoro promuovono delle riflessioni sull'uomo e sulla società" oppure: "gli artisti, che tra il serio e il faceto ci permettono di conoscere l'animo umano". Ma questi enunciati non esprimono la realtà del pensiero politico. La nostra società spudoratamente mercantile e dedita al profitto sconsiderato, sinonimo di sfruttamento indiscriminato, sottolinea sempre gli aspetti legati al negotium, e quando tira il fiato dal mondo degli affari si fa quattro risate con il comico di turno circondato dalle ballerine rigorosamente scosciate. Praticamente ciò che succedeva in un castello medioevale: durante il banchetto, dopo aver pianificato gli affari, combinato matrimoni e alleanze strategiche, ecco arrivare i giullari, figure polivalenti, acrobati, attori, giocolieri, che intrattenevano il signore e i suoi ospiti, non meritando neanche la sepoltura in terra consacrata.

Questo aspetto sottolinea quanto la crisi che stiamo vivendo negli ultimi anni sia prevalentemente di natura culturale, anche perchè quando vogliono i soldi si trovano. Lo svuotamento di contenuti avvenuto negli ultimi decenni, come testimoniano i palinsesti televisivi, non poteva che partorire una situazione del genere. Le arti performative, vengono considerate attività di evasione, degne dell'attività di un villaggio turistico permanente dove lo scopo è rimuovere il pensiero critico per sostituirlo con un allegro disimpegno. E questo, a quanto pare piace anche a qualche addetto ai lavori.

L'allarme è stato espresso in modo mirabile da Mario Vargas Llosa nel saggio del 2013 La società dello spettacolo, dove lo scrittore e drammaturgo peruviano naturalizzato spagnolo evidenzia come la banalizzazione dell'arte e della letteratura, la disattenzione della politica sono i sintomi del male che ha colpito la società contemporanea, ossia l'idea di convertire la propensione al divertimento come unico bene supremo, in barba al compito che la cultura ha sempre rivestito: essere rappresentazione di una coscienza critica che impediva di ignorare la realtà.

Il sistema, per questa operazione di deresponsabilizzazione del pensiero, si è avvalso del mezzo televisivo, che a fronte di un miglioramento tecnico dell'apparecchio ha visto uno scadimento delle proposte. Tele quiz, fiction e programmi di approfondimento giornalistico perlopiù parziali sono i generi che vanno per la maggiore, quando la televisione degli anni '60-'70 trasmetteva per il grande pubblico e non su canali tematici, rifacimenti per la TV di Casa di Bambola di Ibsen o Il Gabbiano di Cechov, per non parlare delle commedie di Eduardo De Filippo. La musica non sta meglio. L'unico evento degno di essere trasmesso è l'inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala di Milano, ma non certo per l'interesse del dramma musicale rappresentato. L'interesse è rivolto ai politici, imprenditori e presentatrici TV glitterate presenti all'evento.

Per concludere questo argomento che meriterebbe una trattazione ben più ampia, credo che le arti performative possano muoversi in un ambito al confine tra intrattenimento e capacità di far riflettere. Il puro intrattenimento, pur che sia di qualità, deve convivere al fianco delle opere di Strindberg, Brecht, Beckett, Kantor e Grotowski. Il problema è che questa convivenza è stata chirurgicamente rimossa a sfavore della riflessione critica, che poi non è altro che cercare di capire la profondità dell'animo umano e il suo posto all'interno della società. E questa a quanto pare è un operazione scomoda.

"Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente" B. Brecht


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