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Visualizzazione dei post da 2020

Cinema / La musica che cura

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 L'omologazione culturale della quale siamo vittime, sempre più spesso ci priva della possibilità di assistere a pellicole che meriterebbero più attenzione. Il cinema che apre il pensiero ponendo quesiti e non fornendo facili ed edificanti risposte, viene sempre più relegato ai margini da un'industria cinematografica che propone puro spettacolo, consunti drammi amorosi-adolescenziali e film di dubbio gusto che si spacciano come portatori di nuove visioni. Il film marginalizzato del quale intendo trattare in questa sede è La musica che non ti ho detto (2011), titolo originale The music never stopped del regista Jim Kohlberg, premiato al Sundance Festival dello stesso anno. L'autore, anche scrittore e produttore, (ha prodotto anche i film Trumbo e Two family house) è anche un attivo investitore nel settore delle energie green e nel settore Internet media. Il film è ispirato da un fatto realmente accaduto descritto nel saggio The last hippie del neurologo Oliver Sacks, sc

Francesco Totti: un documentario

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     Da tifoso romanista quale sono, non potevo esimermi dal guardare Mi chiamo Francesco Totti il documentario firmato Alex Infascelli e presentato al Festival del Cinema di Roma 2020, che ripercorre la vita, privata e sportiva, del campione di Via Vetulonia. Il filmato fa partire la sua narrazione dalle ore precedenti alla cerimonia, che allo stadio Olimpico, decreta l'addio al calcio di Francesco. Nel percorrere le strade che dal passato l'hanno portato in quel momento fatidico, Infascelli usa immagini della vidoteca della famiglia Totti: i video sulla spiaggia di Tor Vaianica, il tiro a segno ai compagni di scuola, "il gioco delle paperelle" nel cortile della Scuola Manzoni, gli spezzoni delle prime partite con squadre romane minori fino alla fatidica scelta che poteva essere un trampolino verso il professionismo: Lazio o Roma? E qui emerge l'anima giallorossa che non esita un istante, ascolta il cuore e sceglie d'istinto.      Francesco Totti merita di e

Cinema / Sulla mia pelle: l'arroganza del potere

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      Il cinema è decisamente il mezzo che meglio rappresenta il nostro tempo. Se il XVIII secolo trova la rappresentazione del suo stato nel teatro, pensiamo a Goldoni o alla nascita del dramma borghese, se il XIX secolo esprime le sue tensioni nel grande romanzo, e in Italia nel melodramma, il XX secolo incanala le sue nevrosi, altra parola molto cara al secolo scorso, attraverso il cinema, che diviene un medium, dove forse per la prima volta, la dimensione estetica e la dimensione comunicativa si trovano strettamente correlate.     Altra prerogativa del cinema à quella di rappresentare, questo accade fin dalle origini, la storia, gli eventi del passato, che attraverso le immagini riprendono vita e vengono proposti allo spettatore ricostruiti, arricchiti con elementi che non traspaiono dalla consultazione dei documenti scritti.       Nel nostro caso specifico, trovo ben riuscita in questo senso la trasposizione cinematografica della vicenda che ha portato alla morte Stefano Cucchi.

Le narrazioni possibili di una pandemia

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Nell'incertezza che governa le nostre vite, sono veramente pochi i punti fermi. Uno di questi è strettamente collegato all'importanza del narrare da parte dell' Homo sapiens. Etimologicamente il termine deriva dalla radice - gna , ossia rendere noto, mentre il suffiso - zione deriva dal latino catione e trasmette il carattere semantico dell'agire, del gesto, appunto, del narrare. L'atto del narrare attraversa la storia dell'uomo e ne mette in mostra urgenze psicologiche e interiori oppure esigenze pratiche concatenate con  l'esercizio del potere; molto spesso entrambe le necessità. La narrazione nei fatti non è la realtà "vera" ma una versione di quella realtà, che può essere anche molto fedele, ma certamente diviene oggetto di interpretazione e manipolazione da parte di chi narra, da colui  che mette in atto quel fenomeno comunicativo con lo scopo di condividere esperienze collettive e di "costruire una memoria". Risultano molto intere

Televisione / Il film, il pannolino e il politico

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Il mondo, sempre meno reale e sempre più virtuale, vacua rappresentazione, ormai è immagine pura, ossia icona priva di qualsiasi senso, se non quello di dimostrare se stessa in un corto circuito esistenziale. L'officiante di questa prassi involutiva è l'apparecchio televisivo, vero mediatore dei nostri tempi, ossia ente preposto a determinare un incontro, in questo caso con rapporti di forza sbilanciati, tra due o più parti. L'anomalia più frequente che riscontro nel mezzo televisivo è l'omologazione dei messaggi. Tutto è uguale a tutto all'interno del rettangolo televisivo. Pensiamo ad assistere ad un bel film, appassionante e che esprime valori profondi e tematiche che vale la pena di approfondire; proprio nel momento di maggior tensione emotiva, quando la gola si stringe e i pensieri vanno a mille, ecco che appare un culetto di un bambino nel suo pannolino, seguito da un pacco di fette biscottate, da un un'automobile che consuma pochissimo carburante, da

Quando la realtà sembra un soggetto cinematografico

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I secoli passati ci hanno reso il fatto indubitabile riguardo all'enorme importanza dell'espressione artistica come contributo per ricostruire il passato o per decodificare il presente. Per leggere la storia, enorme importanza hanno rivestito le fonti letterarie, iconografiche e musicali, mentre per capire le complesse dinamiche del presente credo che come strumento più appropriato si sia imposta la settima arte, la più giovane, colei che condensa in sé tutte le arti, ossia il cinema. Il cinema americano ha spesso anticipato tematiche che a qualche decennio di distanza hanno toccato anche noi. Questo dato a testimonianza che a partire dall'ultimo dopoguerra le sorti del pianeta USA e dei satelliti europei sono legati a doppio filo.  In questi giorni le cronache lasciano interdetti. Sembra fuori dal comune quello accaduto presso la stazione dei Carabinieri Levante, le seconda per importanza di Piacenza. Tuttavia, non è una sceneggiatura di Martin Scorsese né di Abel

Cinema / Favolacce: storia di un fallimento esistenziale.

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Favolacce è l'ultimo lungometraggio realizzato dai fratelli D'Innocenzo. Presentato al Festival di Berlino, ottiene l'Orso d'argento per la migliore sceneggiatura e  apprezzamenti dalla critica. Il film inizia con una voce narrante (Max Tortora) che accompagnerà lo spettatore lungo tutta la proiezione e che concluderà la sua prima esposizione con un ammonimento dai toni stranianti: "Quanto segue è ispirato ad una storia vera...la storia vera è ispirata ad una storia falsa...la storia falsa non è molto ispirata.". Questo incipit nella sua stessa natura significante, ma lo scopriremo solo alla fine, prepara lo spettatore alla visione di una storia ciclica, che potrebbe durare all'infinito e dalla quale non sembra esserci una via d'uscita. La location del film è estremamente significativa: un comprensorio di villini a schiera nella periferia sud di Roma. Villini ordinati e con giardino, che a prima vista denotano una certa agiatezza, ma che in r

Cinema / Donne che guardano il mare

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La storia del cinema è essenzialmente la storia dello sguardo umano. Un itinerario che attraverso lo strumento della cinepresa ha visto l'evoluzione dell'uomo in rapporto all'ambiente. Il percorso della visione parte dai fratelli Lumiere e strada facendo, in relazione anche ad aspetti politico-esistenziali, ha preso forme diverse. In origine la ripresa di immagini in movimento ebbe una valenza per lo più esplorativa e di sorpresa delle possibilità tecniche del mezzo, dove i rapporti soggetto-paesaggio non vengono ancora esplorati. In un secondo momento, grazie all'introduzione della prassi della narrazione per immagini, il paesaggio entra a pieno titolo nella storia raccontata. Il passo che porta alle avanguardie a questo punto è breve e il cinema si rende costruttore di realtà immaginarie e storie surreali con valenza simbolica, fino a giungere ad una realtà dove lo sguardo si ferma e con esso la narrazione, per acquisire una dimensione pittorica tendente ad esaltar

Musica / Claudio Monteverdi: il coraggio dell'innovazione

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Per poter parlare di Claudio Monteverdi e della sua ricca produzione musicale in maniera sintetica ed esaustiva sarebbe buona norma, per chiarezza di esposizione, intraprendere un percorso cronologico- geografico che comprenda le tre città italiane che maggiormente influirono sulla sua formazione; Cremona, Mantova e Venezia. Claudio Monteverdi nasce a Cremona nel 1567, figlio di Baldassare, medico e speziale molto in vista nella città lombarda. Il musicista inizia a studiare musica, che gli studi umanistici avevano posto in cima ai saperi necessari per un gentiluomo, con Marcantonio Ingegneri e da subito manifestò del talento che venne premiato dalla stampa di cinque libri di sue composizioni prima di giungere ai venti anni di età. Questo per l'epoca era un fatto straordinario, in quanto la stampa musicale aveva costi ingenti, ma probabilmente la posizione paterna rese più agevole l'impresa. Claudio Monteverdi Comunque, già in queste prime pubblicazioni il giovane

Cinema / La forza di Alice. La forza delle donne.

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Il multiforme mondo dei cortometraggi è spesso un terreno di crescita e sperimentazione dove i giovani cineasti si mettono alla prova con il sogno di tentare il grande salto nelle produzioni dei lungometraggi, ossia, il cinema che conta. Tuttavia,  da qualche anno a questa parte, si mette in evidenza una grande produzione di  corti,  dove a cimentarsi con questa forma di cinema di nicchia si nota la presenza di artisti affermati o quantomeno non alle prime armi. Proprio a quest'ultima categoria appartiene Michele Li Volsi, cinquantenne regista e attore palermitano che con il suo ultimo lavoro,  La forza di Alice,  affronta con coraggio e lucidità tematiche scabrose ma quanto mai attuali quali la violenza sulle donne, l'omosessualità femminile e la procreazione assistita. La forza di Alice  narra in poco più di 13 minuti, le vicende, tratte da un fatto di cronaca, di una coppia omosessuale, Alice e Andrea, che decidono di avere un figlio nella Sicilia dei nostri tempi,

Mostre / La fruizione artistica per uscire dall'isolamento

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Dal 20 maggio al 20 giugno 2020 presso la Ikigai Art Gallery di Roma, in occasione del cinquecentesimo anniversario della morte di Raffaello Sanzio, avrà luogo una esposizione artistica, curata dalla Dott.ssa Alessia Ferraro, che vuole essere una possibile via di uscita, lastricata di bellezza, dall'isolamento dettato dalle misure anti Covid 19. Condividerò lo spazio espositivo con altri due artisti, Saverio Galano e Emanuele Marchetti.  Galano presenta tre interessanti opere pittoriche che trovano forza nella "poesia del movimento" (A. Ferraro). Immagini che rappresentano in una dimensione onirica da dove è difficile fuggire, figure archetipiche del mondo dello spettacolo, come giocolieri, poeti, contorsionisti, in atteggiamenti riflessivi e collocati in uno spazio dove la comunicazione è difficile, dove il pensiero non riesce a materializzarsi in parola. Marchetti invece propone "opere  intessute da una perizia tecnica in grado di plasmare “manieristici” t

Ridi pagliaccio: gli artisti nel tempo del Coronavirus

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Come da un pò di tempo a questa parte, ho assistito alla conferenza stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il corpus delle comunicazioni ha riguardato le cifre degli ammortizzatori economici messi in campo per fronteggiare le perdite ingenti causate dal famigerato lockdown . Questa volta, dopo tante proteste riguardo alla loro "invisibilità" al mondo politico, sono stati citati anche gli artisti. Il Presidente del Consiglio ha dichiarato la cifra destinata al sostegno agli artisti, che tanto ci fanno "divertire".  Premesso che nei confronti del Presidente del Consiglio sento di nutrire una certa stima, anche perchè non oso immaginare gli accadimenti, se il suo seggio fosse stato occupato da altri personaggi, riconosco che la sua "uscita" ha attratto la mia attenzione. Molto più della girandola di miliardi annunciati che marceranno sul suolo patrio in un epico quadro degno da "Arrivano i nostri" che non più di tre mesi fa poteva

Cinema / Notti magiche: lo strano mondo del cinema

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Paolo Virzì è un regista che mi piace. Da  La bella vita ( 1994) a  La pazza gioia  (2016) ha realizzato pellicole interessanti dove sovente ha mostrato le vicende personali dei protagonisti, spesso tormentati, inseriti in un contesto sociale connotato. L'attore Roberto Herlitzka in un intervista ha dichiarato che è un regista gentile che sa cosa vuole e il suo modo di fare crea un atmosfera amichevole e collaborativa sul set.  Del 2018 è  Le notti magiche.  La trama del film è relativamente semplice: Roma, n ell'estate del mondiale di calcio del 1990 , precisamente il 3 luglio durante la semifinale tra Italia e Argentina , un noto produttore cinematografico viene trovato morto nelle acque del Tevere . I principali sospettati dell'omicidio sono tre giovani aspiranti sceneggiatori, finalisti del Premio Solinas : nel corso di una notte nella caserma dei carabinieri viene ripercorso il loro viaggio pieno di speranze, sentimentale e ironico, nello splendore e nelle miserie d